Allenatore, mister, coach, istruttore, maestra….
Loro mi hanno sempre chiamato per nome: Elena.
Questo è l’approccio che ebbe con me il mio maestro, mi piacque subito. Non metteva distanza tra me e lui. Così ho voluto fare con i miei allievi.
Loro sono Lorenzo Mattia Leonida Marco, da circa 14 anni miei allievi. Pochi mesi fa hanno conquistato la cintura nera 1 dan: sono i primi allievi miei a farlo.
Grazie a loro posso oggi discutere davvero di insegnamento, ovvero di cosa abbia dovuto e debba tutt’ ora affrontare, superare per riuscire a insegnare. Nello svolgere questa funzione ho dovuto tenere conto di diversi elementi.
Conoscenza della materia judo: come gestirla e comunicarla? Trasformare il trascorso agonistico in esperienza da condividere e insegnare, questo non è facile ne’ scontato.
Bisogna saper fare un passo indietro. Ritornare alla base in quanto le tecniche assimilate fino ad allora sono diventate speciali e non possono essere proposte a chi si avvicina al judocome tecnica pura ma vanno scomposte in gradi successivi, da proporre passo passo. Soprattutto insegnando ai bambini.
Da qui la necessità di intraprendere un percorso di affinamento tecnico attraverso corsi letture stage. Per insegnare è necessario prima imparare.
Un elemento fondamentale dell’insegnamento è l’ andare oltre il nozionismo tecnico e costruire un rapporto più significativo con l‘ allievo.
Cioè non plasmarlo a propria immagine e somiglianza ma riuscire a far emergere la personalità del singolo, le sue potenzialità facendole emergere stimolando una partecipazione attiva.
Per ogni allievo oggi cerco prima di tutto di individuare l’interesse, capire perché una persona si sia avvicinata al judo. Per desiderio, per imposizione di altri. E dalla motivazione iniziale trarre gli spunti giusti per rispondere ai bisogni reali di ciascuno e riuscire a garantire un livello di soddisfazione.
La buona conoscenza della tecnica judoistica mi ha aiutato: insegnare qualcosa che non si sa non porta lontano.
Certamente però la passione è stata la carta vincente. Credere in quello che si fa, nel proprio lavoro e sostenerlo con impegno consente di che si riesca a trasmettere qualcosa che gli allievi percepiscono riuscendo così a farli lavorare in modo sereno.
Essere entusiasta delle cose che si insegnano in modo da dare maggior valore al loro impegno. Sono ragazzi che hanno anche e giustamente altri interessi oltre al judo. Ma spronarli a fare meglio, incitarli in quello che fanno marcare impegno e sforzo ha contribuito ad una loro maggiore autostima e il risultato è arrivato.
Farsi capire, avere una buona comunicazione: non è quello che dico, ma quello che realmente l’allievo comprende impara ed assorbe che conta.
Ed entrando nello specifico judoistico ho dovuto sviluppare una capacità di adattare lo stile di insegnamento, adattarlo cioè alle necessità di ogni singolo allievo. Non tutti imparano allo stesso modo, alcuni subito, altri sono più lenti. Alcuni imparano guardando altri, imitando altri, facendo e ripetendo. Bisogna essere in grado di valutare le qualità e i difetti di apprendimento di ognuno per poi lavorarci intorno. È facile insegnare ai bravi a chi capisce subito: più difficile coinvolgere persone demotivate, con particolari situazioni emotive.
Lorenzo, Mattia, Leonida, Marco sono stati i primi miei allievi ad ottenere la cintura nera. Spero che questo contribuisca a stimolare gli altri del loro gruppo e non solo, anche quelli più piccoli che comunque sono rimasti affascinati dalla cintura nera.
Rimane una mia personale soddisfazione ma nello stesso tempo convive un senso di amarezza per tutti quelli che hanno smesso di praticare per mille motivi. Ma questo sara’ un argomento da trattare in seguito.
Apro comunque la prima discussione di questo blog: chiunque può intervenire
Proprio vero. Il bello poi è l’unione tra quello che si impara dal judo e quello che si impara in casa. Questo è molto importante.
Comunque una considerazione: il judo è una via, quindi, cara Elena il tuo compito ha ancora un lungo percorso davanti a sè. Grazie!
Quindi vale sempre “una strada di mille chilometri comincia con un passo”
Il percorso per il raggiungimento della cintura nera mi sembra di capire sia molto più lungo rispetto a quanto accade in altre Discipline. È corretto ? Potrebbe spiegarci cosa determina Il passaggio alle cinture e quando si è pronti per la nera?”
non credo che il percorso per ottenere la cintura nera sia più’ lungo rispetto ad altre discipline. Di solito è l’insegnante che reputa “pronto” l’allievo.
Di sicuro è necessaria la conoscenza e la messa in pratica delle tecniche base. Che ovviamente non si acquisiscono in breve tempo (esistono sempre i fenomeni, ma si tratterebbe di fenomeni)
cosi come la conoscenza dei principi della disciplina stessa.
Buongiorno,
Ho letto con attenzione quanto ha scritto e descritto nel suo nuovo spazio di comunicazioni e riflessioni.
Sono rimasto molto colpito e ho pensato subito che mio nipote Emanuele, se fosse necessario pensarlo, è in buone mani.
Mi complimento con lei: da sempre, nelle parole cerco il significato di ciò che si vuole trasmettere. Non solo quello Etimologico.
Ho riletto tutto ancora una volta e non ho più dubbi: lei ha scelto, con pacatezza e determinazione una strada che risponde ai suoi ideali di vita. A partire da quelli morali.
A mio sommesso parere, chi insegna come lei, dona non trasferisce solo tecniche, ma mostra anche che occorre trasferire nella vita di tutti i giorni, la correttezza e l’onestà di comportamento. Il rispetto.
Confido che mio nipote Emanuele possa continuare a percorrere il sentiero che ogni anno lei apre, con affetto, per una moltitudine di bambini che devono essere formati a vivere, con principi morali.
Grazie per i suoi contributi, professionali di grande rilievo ma soprattutto umani.
Un caro saluto.
Giuseppe De Filippis, nonno di Emanuele 7 anni